In questi
giorni, studiando l’Omotossicologia per l’esame di Introduzione alla
Naturopatia, ho trovato degli spunti di riflessione importanti proprio in
merito al senso della malattia e al funzionamento dell’infiammazione, che mi
sono stati utili nel guardare alla febbre di A. con occhi nuovi.
Secondo
Reckeweg, fondatore dell’Omotossicologia, la malattia non è altro che una
reazione organica di difesa dell’organismo e l’infiammazione ha il compito di
bruciare le scorie che gli organi emuntori (=quelli che hanno il compito di
eliminare le sostanze di rifiuto: fegato, pelle, polmoni, reni e vasi
linfatici) non riescono ad eliminare.
Per questo
motivo, sostiene, le infiammazioni non andrebbero mai represse con antibiotici
o altro, ma andrebbero invece guidate e sostenute, altrimenti il corpo (che sa
quello che è utile per noi e sa che queste scorie vanno in qualche modo
eliminate) non si darà per vinto e prima o poi riaccenderà una nuova infiammazione.
Sintetizzando
molto, un’infiammazione passa sempre attraverso due fasi:
• nella prima fase, il corpo produce ormoni infiammatori e la matrice cellulare (= è il tessuto interstiziale, la sostanza in cui sono immerse le cellule) diventa più fluida così che cellule immunitarie possano aggredire le tossine e digerirle (nb _ i batteri spesso aiutano in questo lavoro perché producono sostanze che fluidificano la matrice);
• nella seconda fase, il cortisone prodotto dal corpo aumenta fino a raggiungere il dosaggio che gli consente un’azione antinfiammatoria, la matrice si gelifica (torna cioè alla consistenza normale) e c’è la guarigione.
• nella prima fase, il corpo produce ormoni infiammatori e la matrice cellulare (= è il tessuto interstiziale, la sostanza in cui sono immerse le cellule) diventa più fluida così che cellule immunitarie possano aggredire le tossine e digerirle (nb _ i batteri spesso aiutano in questo lavoro perché producono sostanze che fluidificano la matrice);
• nella seconda fase, il cortisone prodotto dal corpo aumenta fino a raggiungere il dosaggio che gli consente un’azione antinfiammatoria, la matrice si gelifica (torna cioè alla consistenza normale) e c’è la guarigione.
Se si
somministra cortisone quando l’infiammazione è ancora nella prima fase, senza
lasciare al corpo il tempo necessario per la digestione e la trasformazione
delle tossine, si rischia di intrappolare ancora di più le tossine, come gli
insetti che restano bloccati dentro l’ambra.
Queste
letture mi hanno fatto riflettere su quanto nella nostra società si abbia ormai
così paura della malattia da voler sempre intervenire, il prima possibile e per
eliminare ogni sintomo.
La malattia
invece è un segnale che il corpo ci manda, fosse anche solo per dirci che
dentro di noi c’è un disequilibrio, o che abbiamo semplicemente bisogno di
rallentare, o che dentro di noi qualcosa sta lavorando per eliminare le
sostanze di rifiuto.
Da oggi in
poi mi impegno a cercare di imparare a “ringraziare” ogni infiammazione… anche
quelle di A.! ;)
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